Sfatiamo le fake news sulla fertilità
Il tema della fertilità è caratterizzato da molti dubbi. Per questo motivo spesso i consigli di conoscenti, amici o parenti acquisiscono valore così come molte delle informazioni trovate sul web vengono considerate veritiere senza verificarne le fonti. Questo può indurre a credere a falsi miti sull’argomento, cadendo nella trappola delle fake news.
Scopriamo insieme quali sono le più diffuse.
L’età della donna non è un limite per una gravidanza: Falso!
L’età femminile gioca un ruolo molto importante sulla capacità riproduttiva. La donna nasce con un numero prestabilito di follicoli (le strutture che contengono gli ovociti) che si esauriscono con il progredire dell’età, per questo si parla di “finestra fertile” femminile. La fertilità della donna risulta massima tra i 20 e i 30 anni, intorno ai 32 anni inizia a calare in modo graduale, un secondo declino più marcato si riscontra dopo i 37 anni, per poi concludersi con la menopausa, momento in cui il numero di ovociti si azzera. (1)
Anche per i trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) l’età della donna rappresenta il fattore che incide maggiormente sulla possibilità di avere un bambino. In Italia, la legge non prevede un limite di età per chi intende avere un figlio con la procreazione medicalmente assistita (anche se ci sono delle limitazioni anagrafiche a livello regionale), tuttavia le tecniche di PMA non possono modificare il fisiologico cambiamento della riserva ovocitaria femminile correlato all’età.
La tempistica del rapporto sessuale durante l’ovulazione influenza il sesso del nascituro: Falso!
Negli anni ’60 negli Stati Uniti, Landrum Shettles sviluppò il metodo Shettles, una serie di tecniche da seguire al momento del concepimento per aumentare le possibilità di concepire un figlio del sesso desiderato.(2) Studiando le caratteristiche differenti degli spermatozoi con il cromosoma X o Y, Shettles riteneva che se il concepimento avviene più a ridosso del giorno dell’ovulazione la possibilità di avere un figlio maschio è maggiore, mentre verso l’inizio del periodo fertile è più alta la possibilità di avere una femmina.
Nonostante la teoria sia interessante, studi successivi hanno dimostrato che la tempistica del rapporto sessuale in relazione all’ovulazione non influenza il sesso del nascituro. (3)
Le donne che si sottopongono ai trattamenti di PMA hanno una menopausa anticipata: Falso!
Una paura frequente legata ai trattamenti di PMA è quella relativa al rischio di menopausa anticipata. Si crede, infatti, che le terapie ormonali necessarie per la PMA farebbero esaurire più velocemente la riserva ovarica. Fisiologicamente, per ogni ciclo mestruale mensile, i follicoli ovarici maturano e crescono, ma solamente uno dei 15/20 che l’ovaio prepara giunge a maturazione per poi rilasciare l’ovulo. La terapia ormonale consente invece la maturazione contemporanea di più follicoli.
Non vi è quindi il rischio di esaurire anticipatamente il patrimonio ovarico, in quanto gli ovociti portati a maturazione con i trattamenti di PMA sono gli stessi che durante il normale ciclo mestruale andrebbero persi. (4)
Gli uomini non hanno un orologio biologico: Falso!
Di solito, l’espressione “orologio biologico” viene usata nei confronti della fertilità femminile in quanto è delimitata dal numero degli ovociti presenti fin dalla nascita, ma che diminuiscono con l’aumentare dell’età.
A differenza di quanto avviene per gli ovociti, gli spermatozoi continuano a essere prodotti per tutta la durata della vita dell’uomo, essendo gli uomini potenzialmente fertili senza limiti d’età. Nonostante ciò, la quantità e la qualità degli spermatozoi peggiorano con l’avanzare dell’età, portando a un declino della fertilità maschile.
I risultati di uno studio dove sono state analizzate più di 2000 gravidanze hanno dimostrato che per gli uomini con più di 45 anni era necessario, per concepire, un tempo 5 volte superiore rispetto agli uomini con meno di 25 anni. (5)
I farmaci usati per la stimolazione ovarica nella PMA aumentano il rischio di tumore al seno: Falso!
Vi è una diffidenza nei confronti dei farmaci a base di ormoni o che influiscono su di essi legata al fatto che diverse forme di tumore al seno sono dipendenti dai livelli ormonali.
Oggi, a più di trent’anni dalla prima fecondazione in vitro e in base ai dati disponibili, si può affermare che le donne che hanno avuto un percorso di PMA non corrono un rischio di ammalarsi di tumore al seno superiore rispetto al resto della popolazione. I medicinali utilizzati nei trattamenti di PMA sono efficaci, somministrati secondo protocolli ormai ben conosciuti, che agiscono nella direzione voluta. (6)
Riferimenti bibliografici:
1 Ministero della Salute, Età e Fertilità. Disponibile al link: https://www.salute.gov.it/portale/fertility/dettaglioContenutiFertility.jsp?area=fertilita&id=4556&lingua=italiano&menu=stilivita
2 Shettles, L.B. Factors Influencing Sex Ratios.International Journal of Gynecology & Obstetrics, 8 (1970)
3 Wilcox et al. New Eng J of Med 1517-1521 (1995)
4 Fecondazione assistita: quali i reali rischi per la salute delle donne- Gruppo San Donato
5 Hassan MA et al. Fertil Steril;79 3:1520-7 (2003)
6 Tumore al seno, la fecondazione in vitro non è un rischio- Fondazione Veronesi