La visita andrologica? Non solo spermiogramma
Quando una coppia si rivolge a un centro di procreazione medicalmente assistita, spesso i primi esami sono già stati fatti e riguardano principalmente la partner femminile. È comprensibile: l’età della donna incide molto sulla fertilità, e i percorsi diagnostici ginecologici sono ormai ben consolidati: ecografie, monitoraggi, dosaggi ormonali.
In molti casi, l’unico esame che viene richiesto al partner maschile è lo spermiogramma. Se i valori rientrano nei parametri, si procede con le valutazioni successive, se risultano alterati, si pensa direttamente a come “superare” il problema con le tecniche disponibili. Ma questa visione rischia di essere riduttiva e non considerare la salute complessiva dell’uomo.
Valutare l’infertilità maschile oltre lo spermiogramma
Per valutare la fertilità maschile, lo spermiogramma è un esame molto importante: tramite l’analisi del liquido seminale consente di valutare la qualità degli spermatozoi, il loro numero, la loro forma e motilità. Ma da solo non basta.
Un’alterazione del liquido seminale che porta all’infertilità, infatti, può essere dovuta a una mancata valutazione di una patologia – asintomatica a volte, non diagnosticata – che ha portato a quell’infertilità. Non valutare complessivamente l’uomo dal punto di vista clinico significa correre un doppio rischio: da un lato, ridurre le possibilità di successo della PMA; dall’altro, trascurare un potenziale problema di salute.
Quella andrologica è una visita semplice e fondamentale
La visita andrologica è molto semplice, non è invasiva e non deve spaventare. Si comincia con l’anamnesi: si raccoglie la storia clinica, si valutano abitudini, esposizione a sostanze tossiche, precedenti patologie. Poi si passa all’esame obiettivo: si valutano i genitali esterni, quindi i testicoli – dimensioni, consistenza, posizione – e le vie seminali. A differenza delle gonadi femminili (le ovaie), che si trovano nell’addome e richiedono un’ecografia per essere valutate, i testicoli sono esterni e possono essere facilmente esaminati clinicamente.
Se lo spermiogramma è normale e la visita non evidenzia nulla di sospetto, non è necessario approfondire con ulteriori esami. Se, invece, emerge anche solo un dubbio, si passa a indagini più approfondite (di secondo livello): ecografia, dosaggi ormonali, eventuali esami di citogenetica sul liquido seminale. Tutto questo si può fare in tempi rapidi e con modalità non invasive.
Serve più cultura della prevenzione, anche andrologica
Le donne generalmente iniziano a frequentare lo studio del ginecologo fin dalla giovane età. Gli uomini, invece, spesso restano fuori da qualsiasi percorso di prevenzione. Eppure, molte patologie che portano a infertilità sono asintomatiche e presenti fin dall’adolescenza, ma restano silenti per anni, fino a quando non si cerca un figlio e ci si accorge che “qualcosa non va”.
La cultura della salute maschile, e in particolare della salute riproduttiva, è in forte ritardo: possiamo dire che il maschio sia indietro di almeno tre generazioni da questo punto di vista.
Il varicocele, ad esempio, è una delle principali cause di alterazione del liquido seminale ed è spesso presente già in età adolescenziale, così come il testicolo retrattile; le infiammazioni trascurate, o l’esposizione a sostanze tossiche, il fumo, abuso di cannabis, sedentarietà e obesità, sono tutti fattori che possono compromettere la fertilità.
E poi c’è un gesto semplice, ma potentissimo: l’autopalpazione dei testicoli. Le donne imparano a esaminare il proprio seno per riconoscere eventuali anomalie, i ragazzi dovrebbero fare lo stesso con i testicoli. Bastano pochi secondi, sotto la doccia, ogni tanto. È un’abitudine che può salvare la vita: il tumore del testicolo è infatti più frequente nei giovani adulti che nei cinquantenni.
Si ringrazia per il supporto il Dottor Paolo Turchi, andrologo.